Il Mito Americano Del Consenso Bipartisan

Nel sistema politico statunitense vige il bicameralismo perfetto, ossia le proposte legislative devono essere approvate da entrambi i rami del Congresso. L’iter di approvazione in Senato, tuttavia, deve affrontare un ostacolo aggiuntivo rispetto alla Camera dei Rappresentanti: il filibuster. Si tratta di un meccanismo che l’opposizione può utilizzare per fare ostruzionismo. Il filibuster può essere aggirato, ma richiede una maggioranza qualificata di 60 voti su 100. Nei tempi recenti, un partito ha avuto una maggioranza così ampia solo per pochi mesi durante il primo mandato di Obama. Dunque, per aggirare il filibuster serve un po’ di supporto da parte dell’opposizione stessa. In un periodo di così alta polarizzazione politica e partitica, questa evenienza diventa sempre più improbabile. Per questo motivo sono frequenti delle discussioni riguardanti l’abolizione del filibuster che, paradossalmente, richiede solo 51 voti. Quello che è interessante notare è che queste discussioni hanno sempre un elemento in comune: la mitizzazione del consenso bipartisan.

L’USO DEL FILIBUSTER

Il sistema politico-istituzionale statunitense è bipartitico e fondato sull’esistenza di una serie di pratiche paracostituzionali che hanno lo scopo di impedire la completa paralisi del sistema. In altre parole, il sistema americano si basa sulla volontà di mediare e di trovare dei compromessi, i quali presuppongono buona fede da parte della maggioranza e dell’opposizione. Senza buona fede e con la volontà di impedire l’azione di governo, il filibuster potrebbe essere utilizzato in maniera eccessiva e strumentale: non più strumento per contestare uno specifico provvedimento che non si condivide, bensì pratica abituale per impedire che il partito di maggioranza possa legiferare e perseguire la propria agenda politica. Negli ultimi decenni, con la crescente polarizzazione politica tra i due partiti (che riflette anche una crescente spaccatura sociale), il filbuster è stato usato proprio in questo secondo modo. Un primo dato è rappresentato dal numero di volte in cui esso è stato usato nel corso degli anni.

Numero di votazioni annuali per aggirare il filibuster. Source: The Economist

Come si vede dal grafico, il filibuster era una pratica usata molto di rado fino agli anni ’80, mentre ora è uno strumento sempre più utilizzato. Per questo motivo, negli ultimi anni questo strumento è stato abolito per tutte le nomine giudiziarie (che devono essere approvate dal Senato secondo il meccanismo di advice and consent). Senza questa abolizione (tramite la procedura della nuclear option), il processo di approvazione delle cariche legislative sarebbe stato completamente paralizzato, dato che la minoranza avrebbe operato pratiche ostruzionistiche per ogni nomina.

IL DIBATTITO SULL’ABOLIZIONE DEL FILIBUSTER

Joe Biden è stato eletto a larga maggioranza nel novembre 2020; il suo programma elettorale era particolarmente ambizioso e richiederà uno sforzo considerevole per essere attuato completamente. Per questo motivo, la doppia vittoria al Senato – nelle elezioni di gennaio – di Raphael Warnock e Jon Ossof (entrambi georgiani) è stata cruciale: con queste due vittorie, democratici e repubblicani hanno 50 voti a testa, ma il voto della vicepresidente Kamala Harris può rompere l’equilibrio e conferire una maggioranza ai democratici.

Nonostante ciò, l’amministrazione Biden deve far fronte – come le amministrazioni precedenti alla sua – alla forte opposizione della minoranza. In particolare, il leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, è una figura politica che si è sempre dimostrata disposta a usare ogni strumento possibile per ottenere i fini da lui perseguiti. Inoltre, non si può non considerare il carattere peculiare dell’attuale opposizione: molti repubblicani hanno contestato l’esito elettorale, alcuni congressisti hanno avuto contatti con gli insurrezionisti del 6 gennaio 2021 (vedasi Paul Gosar, ad esempio), e pochi repubblicani hanno votato per certificare il risultato elettorale e/o per l’impeachment di Donald Trump in seguito all’insurrezione.

In un clima di questo tipo, attendersi dialogo tra maggioranza e opposizione è poco realistico. Per questo motivo, sempre più esponenti democratici si sono espressi a favore dell’abolizione del filibuster. Come ricordato nell’introduzione, per abolirlo servirebbero soli 51 voti (perché non è uno strumento presente in Costituzione), ossia quello dei 50 senatori democratici più quello della Vicepresidente.

Il problema per i Dem, però, è che non tutti i senatori del partito sono a favore di questa abolizione. In particolar modo, spiccano Joe Manchin del West Virginia e Kristen Synema dell’Arizona. La loro posizione, essenzialmente, consiste nella seguente affermazione: il filibuster è un incentivo alla collaborazione bipartisan, uno strumento di mitigazione della polarizzazione politica. Lo scopo di questo articolo non è quello di verificare la veridicità dell’affermazione (si potrebbe affermare, ad esempio, che senza filibuster sarebbe più importante collaborare con quei 6-7 senatori repubblicani – come Romney e Collins – che non sono completamente ostili a Biden). Invece, quella che si vuole analizzare è la presunta intrinseca bontà della bipartisanship: una legge approvata da entrambi i partiti è migliore di una legge voluta solo dal partito di maggioranza?

LA BIPARTISANSHIP

Il concetto di bipartisanship evidenzia le differenti concezioni del sistema legislativo che si hanno, ad esempio, tra gli Stati Uniti (Repubblica presidenziale) e l’Italia (Repubblica parlamentare). Senza addentrarsi in tecnicismi, si può affermare che, durante il governo Renzi, nessuno si aspettava che la Lega e Fratelli d’Italia votassero a favore di provvedimenti legislativi promossi dal Partito Democratico. Nel dibattito politico statunitense, invece, molta enfasi è posta sul cercare di mediare col partito di minoranza e trovare un compromesso. Ciò può essere dovuto al fatto che Biden abbia incentrato parte del suo messaggio elettorale sulla necessità di rimarginare le fratture di una nazione sempre più divisa.

Da un punto di vista delle dinamiche politiche, però, gli appelli al bipartisanship sembrano il retaggio di un passato – sia reale che immaginato – che non esiste più da tempo. Per ottenere un lavoro bipartisan di successo, si prevede che entrambi i partiti abbiano interesse ad avanzare le proposte legislative che, dal loro punto di vista, meglio servono gli interessi della popolazione. Il senato repubblicano a guida McConnell, però, ha dimostrato già ai tempi di Obama che il loro scopo era un altro, ossia bloccare il processo legislativo e paralizzare l’azione di governo. Se lo scopo di una delle parti è far sì che il governo non funzioni, allora trovare una mediazione sulle proposte legislative è particolarmente difficile. In questa sede, lo scopo non è esprimere un giudizio di valore sulla scelta di McConnell; semplicemente, si vuole sottolineare come lo scopo dei due partiti sia così confliggente da complicare molto accordi sulle proposte legislative.

Fino ad ora, dunque, si è sottolineato come la bipartisanship sia difficile da ottenere nello scenario attuale; ora, però, bisogna anche ricordare che non è affatto detto che una legge con supporto bipartisan sia migliore di una legge voluta da un solo partito. Torniamo, per esempio, al periodo successivo alla Guerra Civile, noto come “Reconstruction”. In quel periodo si sono approvati, tra gli altri provvedimenti, il 14esimo e il 15esimo emendamento. Il primo garantiva una serie di diritti, tra cui il principio di uguaglianza di trattamento, agli ex schiavi (anche la base della storica sentenza Brown v. Board of Education del 1954), mentre il secondo sanciva l’universalità del diritto al voto, a prescindere da sesso ed etnia. Si tratta di due emendamenti che sono alla base della società statunitense contemporanea, la loro importanza è immensa. Eppure, entrambi sono stati approvati quasi esclusivamente dal Partito Repubblicano, mentre il Partito Democratico – dominato dai Sudisti confederati – era largamente contrario. In quel caso, quale consenso bipartisan si sarebbe potuto trovare? Il partito di maggioranza viene eletto per attuare un certo programma politico. Quest’ultimo, agli occhi degli elettori, è il migliore per loro e per il Paese. Il partito al governo, dunque, dovrebbe fare del proprio meglio per attuare quel programma. Il contributo dell’opposizione può essere importante e costruttivo, ma è importante analizzare lo specifico contesto politico e sociale.

Insomma, lo spirito bipartisan (e anche una certa dose di ostruzionismo) sono positivi solo entro certo livelli; quando si eccede, il sistema diventa disfunzionale, e i checks and balances rischiano di non funzionare più adeguatamente. Inoltre, non si può neanche dimenticare che, nel corso degli anni, il filibuster non sempre sia stato usato per semplici divergenze di policy. Si ricordi, ad esempio, le numerose volte in cui esso è stato utilizzato per bloccare leggi sui diritti civili degli afroamericani, su leggi anti-linciaggio e anti-discriminazione abitativa e, perfino, su una proposta di costruzione di un monumento dedicato ai veterani afroamericani della Prima Guerra Mondiale (una panoramica più completa è stata fornita dallo storico Kevin Kruse in questo thread). Il filibuster, dunque, ha il suo scopo in un sistema funzionale e in cui si devono regolare differenti visioni politiche in termini di preferenze legislative. Quando in gioco c’è altro, o quando il sistema è altamente diviso e polarizzato, il filibuster può contribuire alla paralizzazione completa del sistema.

About the Author 


Stefano Pasquali

Nato a Tivoli nel 1998, è appassionato di relazioni internazionali, politica economica e Stati Uniti. Dopo una laurea triennale in scienze politiche, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Global Management and Politics presso l’università LUISS Guido Carli di Roma. Ha svolto due tirocini presso l’Ambasciata del Regno Unito e quella degli Stati Uniti. È parte del team che cura la newsletter “Jefferson – Lettere sull’America”. Tifa Roma e vorrebbe saper scrivere come Aaron Sorkin. View more articles

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