Il 2021 ha, tra le sue molte peculiarità, quella di segnare il centenario dell’entrata in vigore del Government of Ireland Act del 1920, l’atto del Parlamento Britannico che a partire dal 3 Maggio 1921 divise “l’Isola Smeralda” in due: le sei contee di Antrim, Armagh, Down, Fermanagh, Derry e Tyrone rimasero parte del Regno Unito e gli diedero vita nella sua forma attuale, mentre le restanti ventisei andarono a costituire la neonata, e indipendente, Repubblica d’Irlanda (Eire).
Per l’occorrenza, il Governo di Boris Johnson ha stanziato ben 3 milioni di sterline —approssimativamente 3, 4 milioni di Euro — volti a supportare iniziative connesse alla storia, alle tradizioni e alla cultura dell’Irlanda del Nord, con l’intento di promuovere la regione e le sue eccellenze, ad esempio il Nobel per la letteratura Seamus Heaney.
Le commemorazioni, tuttavia, richiederanno attenzione e tatto fuori dal comune, e non solamente a causa del COVID 19: Michelle O’Neill, co-leader del partito repubblicano Sinn Féin e vice Primo Ministro dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord, ha dichiarato infatti che non vi è alcun motivo di celebrazione, e gli appartenenti al suo schieramento si sono rifiutati di partecipare allo spazio consultivo “Northern Ireland Centenary Forum”, incaricato di avanzare proposte e progetti relativi agli eventi per il centenario.
Il motivo di tale ostilità è da ricercarsi nella lunga tradizione repubblicana irlandese, di cui Sinn Féin è l’espressione più evidente. I repubblicani irlandesi, tipicamente cattolici, propugnano, infatti, l’unione delle sei contee con l’Eire, opponendosi dunque ai discendenti dei coloni inglese e scozzesi, di fede protestante, che difendono la permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito.
In tal senso, per gli elettori di Sinn Féin, i festeggiamenti per la divisione dell’isola costituiscono esclusivamente un doloroso memento della separazione dalla Repubblica, separazione che è stata ulteriormente aggravata dalla Brexit. Il dirimere le questioni relative al confine tra le due parti d’Irlanda post-Brexit è senza dubbio un imperativo imprescindibile per il governo di Londra, tenuto a rispettare il Good Friday Agreement che nel 1998 mise fine a un lungo periodi di disordini nella regione.
Sull’Irlanda del Nord e nello specifico sulla capitale Belfast aleggia infatti lo spettro delle atrocità commesse durante gli anni 60, 70 e 80 del secolo scorso, anni che videro contrapporsi l’Irish Republican Army (I.R.A.) da un lato, e l’esercito britannico, appoggiato da milizie locali quali l’Ulster Volunteer Force (U.V.F.), dall’altro.
Il conflitto provocò oltre 3500 morti, lasciando cicatrici profonde e, in alcuni casi, visibili: ad esempio, Belfast è attraversata dai cosiddetti Peace Walls, vere e proprie muraglie decorate con graffiti commemorativi, che dividono i quartieri abitati da comunità cattoliche dalle zone dove risiedono, invece, famiglie protestanti. Il quadro che ci viene presentato è dunque quello di una regione ancora fortemente divisa, per quanto forse non così polarizzata come nella seconda metà del XX secolo. L’I.R.A. infatti, accettando lo storico accordo del 1998, ha deposto le armi in cambio di una rivitalizzazione del governo locale, trasferendo la lotta per la riunificazione dalle strade alle urne elettorali.
Sinn Féin ha dunque assorbito molti dei rivoluzionari repubblicani, eleggendo negli anni parlamentari negli organi legislativi dell’Irlanda del Nord, nel Parlamento britannico vero e proprio — sebbene i candidati si rifiutino, per tradizione, di prendere i loro posti all’interno della Camera dei Comuni — ed anche nell’Oireachtas (il Parlamento bicamerale della Repubblica d’Irlanda), dove ha recentemente ottenuto un incredibile successo, ponendo fine allo storico duopolio Fine Gael – Fianna Fàil.
Tra i rappresentanti designati nel corso degli anni, figura particolarmente rilevante e rivelatrice è quella di Robert “Bobby” Sands, ventisettenne attivista dell’I.R.A. eletto a Westminster nel 1981, mentre era detenuto nel carcere di Long Kesh, e deceduto a poche settimane dalla sua elezione al termine di 66 giorni di sciopero della fame.

La copertura mediatica dell’incredibile storia di Bobby Sands ebbe ripercussioni importanti, i cui echi si possono avvertire ancora oggi; ad esempio, i versi da lui scritti durante la prigionia sono stati recentemente pubblicati in Italia sotto il titolo di “Scritti dal Carcere. Poesie e Prose” (Edizioni Paginauno, 2020), a testimonianza del duraturo interesse per la questione nord-irlandese anche nel nostro Paese.
Le celebrazioni del centenario saranno quindi un momento critico, di profonda riflessione per politici e cittadini su entrambi i lati del Mar d’Irlanda, mentre importanti decisioni si affacciano all’orizzonte per i vari governi. L’implementazione della Brexit, anche dopo il frettoloso accordo tra UE e Regno Unito, rischia di risvegliare tensioni mai del tutto sopite — vedasi, ad esempio, le problematiche emerse recentemente riguardo alla distribuzione dei vaccini per il COVID-19 —, alimentate anche dalle tendenze indipendentiste dell’amministrazione scozzese, e l’elezione del Presidente USA Joe Biden, che vanta forti radici irlandesi, rappresenta un ulteriore elemento di complessità. Nel prossimo decennio dunque, Belfast, Dublino e Londra saranno teatro di una convergenza di forze e movimenti importanti, da monitorare e seguire attentamente.
(Featured Image Credits: Vox)
About the Author
Luca Venga
Nato a Rieti nel 1999, da sempre si interessa di storia, geopolitica e relazioni internazionali. Dopo aver vissuto negli Stati Uniti e in Germania, dove consegue l’International Baccalaureate Diploma, si trasferisce a Manchester per frequentare il corso di laurea triennale in Politics and International Relations presso la University of Manchester (ottenendo il Leadership Award per l’anno accademico 2020/21). Affascinato da lingue e culture diverse, ama leggere e viaggiare, dedicandosi ad esperienze di volontariato quali il Tanzania Project e il Community Mapping Project Uganda. View more articles.
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