Mentre l’Occidente era impegnato a sbrogliare la matassa delle forniture vaccinali e discuteva dello stato della democrazia statunitense, la Cina si dimostrava ancora una volta in possesso di una chiara strategia geopolitica, concentrata, già dai primi giorni del 2021, sul continuare a espandere la propria influenza nel continente africano. Che UE e USA, con la loro intenzione di rinforzare il legame transatlantico, indebolito dopo la presidenza Trump, e risolvere i sempre più espliciti problemi interni, si siano involontariamente isolati in un angolo dello scacchiere internazionale?
Il Ministro degli Esteri cinese Yi Wang ha intrapreso, il 4 gennaio, l’ormai tradizionale tour africano – è dal 1991 che il primo viaggio cinese oltre confine dell’anno si svolge in Africa – visitando Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Botswana e Seychelles.
Stando ai comunicati ufficiali, i temi affrontati sono stati essenzialmente tre: la “vaccine diplomacy”, diventata negli ultimi mesi centrale nelle relazioni internazionali, l’organizzazione della prossima riunione del FOCAC (Forum on China-Africa Cooperation Summit), e la BRI (Belt and Road Initiative), di sicuro il progetto più ambizioso e ben riuscito della strategia di potenza cinese.
La risposta alla pandemia
Già dal 2017, Pechino aveva proposto di implementare con reti ospedaliere le strutture della “nuova via della seta” e di sfruttarle anche in funzione di un commercio di tipo sanitario. Lo scoppio della pandemia ha sicuramente provveduto a creare le condizioni ideali affinché un progetto fino a quel momento guardato con sospetto e scetticismo dalla maggior parte dei partner cinesi potesse essere concretizzato. Le strutture della Belt and Road Initiative, divise in due direttrici principali, una terrestre che percorre l’Asia centrale per poi arrivare in Europa e una marittima che tocca molteplici porti dell’Oceano Indiano fino ad arrivare a Venezia attraversando il canale di Suez, sono così state utilizzate, tra l’altro, per fornire beni essenziali di cui molti Paesi — inclusa l’Italia — si sono trovati a corto nelle prime settimane della pandemia, mascherine in primis.
Nell’ambito delle relazioni sino-africane, Pechino si è già dimostrato un partner amico nel corso della pandemia, provvedendo, attraverso canali pubblici e di compagnie private, alle forniture di materiale sanitario nel continente africano, rinforzando così i già forti legami Cina-Africa, che risalgono addirittura al periodo della decolonizzazione.
In Africa, la “diplomazia dei vaccini” di Pechino si era messa in moto già lo scorso giugno, quando alcune dosi del vaccino cinese Sinopharm avevano cominciato ad essere distribuite sul continente africano come parte dei test clinici di efficacia. Nel corso degli ultimi sei mesi, inoltre, la Cina ha predisposto una struttura di distribuzione avanzata, sfruttando il recente accordo tra il gigante cinese dell’e-commerce “Alibaba” ed Ethiopian Airlines, volto proprio alla creazione di una vera e propria catena del freddo tra l’aeroporto di Shenzen, attrezzato con freezer specifici per la conservazione dei vaccini, ed Addis Abeba, che fungerà da centro di distribuzione. In più, sia Il Cairo che Rabat diventeranno centri di produzione del vaccino Sinopharm.
Nel corso del tour africano, tuttavia, il Ministro degli Esteri cinese non ha specificato come e quando si svolgerà la distribuzione vaccinale nel continente. Infatti, salvo casi isolati – Marocco, Egitto e Seychelles, che hanno ottenuto dosi di Sinopharm e hanno iniziato la campagna vaccinale – molti Paesi stanno ancora negoziando accordi bilaterali per le forniture, accordi che stanno coinvolgendo per lo più Cina, Russia e India.
Il Forum on China-Africa Cooperation Summit
Stabilito nel 2000 e organizzato a cadenza triennale, il FOCAC, a cui partecipano Cina, Commissione dell’Unione Africana e 54 Stati del continente – unico a mancare l’Eswatini – dovrebbe tenersi quest’anno a Dakar, in Senegal. Tuttavia, l’aumento dei contagi nel Paese potrebbe spostare l’evento online. La portavoce del Ministero degli Esteri cinese Chunyang Hua ha dichiarato che le attività si concentreranno su tre aree prioritarie: “vaccine cooperation, economic recovery, and transformative development”.
Sebbene in molti, tra cui l’ex. Segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, abbiano spesso criticato il Forum, attaccando l’approccio cinese, considerato di matrice neo-coloniale, la realtà è che ciò che la Cina offre sono montagne di aiuti finanziari e investimenti, che contribuiscono non solo allo sviluppo energetico, infrastrutturale e sociale del continente, ma anche alla creazione di posti di lavoro e di ricchezza. Ciò che Pechino chiede in cambio, fondamentalmente, sono le forniture di risorse naturali, come il petrolio e il cobalto — da sottolineare, tuttavia, come le importazioni cinesi dall’Africa ammontino a percentuali veramente irrisorie rispetto ad altre parti del globo — e un sostegno in ambito internazionale. È una situazione win-win, e, soprattutto, un qualcosa che l’Occidente non sta offrendo.
La BRI e le infrastrutture
Il mastodontico progetto della Belt and Road Initiative, annunciato dal Presidente cinese Xi Jinping nel 2013, è stato un vero e proprio game-changer per il continente africano. Ad oggi, quasi l’intera totalità del continente partecipa all’iniziativa, e la visita di Yi Wang ha portato alla firma di memoranda di intesa con RDC e Botswana.

Chiaramente, il focus principale di Pechino è sull’Africa orientale, che è stata infatti sede di innumerevoli progetti infrastrutturali volti a garantire non solo il buon funzionamento della rotta commerciale ma anche la presenza cinese nell’area. Esempi chiave in questo senso il porto di Doraleh a Gibuti e la ferrovia Addis Abeba-Gibuti, entrambi finanziati e/o costruiti da compagnie cinesi. L’interesse di Pechino in Africa orientale, tuttavia, non si limita esclusivamente al Corno d’Africa. In fase di realizzazione è, infatti, un progetto integrato di ferrovie che dovrebbe collegare Tanzania, Kenya, Uganda, Ruanda e Burundi, favorendo in particolare flussi commerciali tra i porti di Mombasa (Kenya) e Dar Es Salaam (Tanzania) e Kigali e Kampala, rispettive capitali di Ruanda e Uganda, le cui economie sono tra quelle che crescono più rapidamente nel continente. In quest’ottica, la visita di Yi Wang in Tanzania ha fatto guadagnare alla Cina un contratto da più di un miliardo di dollari proprio per la costruzione di un tratto di ferrovia che dovrebbe connettere Dar es Salaam all’entroterra tanzaniano, oltre ad aver forse riaperto le trattative circa il progetto portuale di Bagamoyo, che la Tanzania aveva sospeso ritenendo le condizioni per la sua costruzione inique.
In conclusione, nonostante la pandemia abbia dato un duro colpo alle economie mondiali, non risparmiando neanche gli investimenti cinesi in ambito BRI, Pechino sembra l’unica grande potenza che al momento stia sfruttando le condizioni attuali, impegnandosi politicamente e finanziariamente in progetti a lungo termine e rinsaldando la sua influenza in Africa.
C’è da chiedersi se questo modello di massicci investimenti, in cui si iniziano ad intravedere le falle specialmente dal punto di vista della sostenibilità di tali investimenti, continuerà a pagare. Sicuramente, la Cina si dimostra l’unica potenza capace di portare avanti un suo disegno geostrategico, contrapponendo alle parole dei leader occidentali i fatti e la realtà del modello cinese.
(Featured Image Credits: Lintao Zhang / Reuters)
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Angela Venditti
Nata a Foggia nel 1999, nutre un profondo interesse per le relazioni internazionali, la cooperazione allo sviluppo e la geopolitica. Ha conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche nell’estate 2020, ed è attualmente studentessa del corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso la LUISS Guido Carli. Complice la partecipazione al progetto Erasmus all’Institut d’Études Politiques SciencesPo Paris, ha potuto approfondire tematiche legate al continente africano, diventato fonte di interessanti spunti e ricerche. È amante della letteratura francese e delle lingue, ed è grande appassionata di F1. View more articles.
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