La nostra rappresentazione del mondo influenza la scala di valori che percepiamo e, guardando all’economia, le cose non sono poi così diverse. Pensando all’industria pesante siamo soliti avere un giudizio negativo, propendendo verso modelli economici snelli, più sostenibili e di facile attuazione, uno su tutti il turismo. Ma è davvero oro tutto quel che luccica? Può davvero “prenotarsi” una soluzione? Cerchiamo di addentrarci meglio dentro la panacea di tutti i modelli di sviluppo economico.
Il turismo è una risorsa fondamentale per il nostro Paese e i numeri ne suggeriscono il peso. Da una ricerca Istat riferita all’anno 2019, in Italia si contavano circa 220mila esercizi ricettivi, per un ammontare di posti letto superiore ai 5 milioni. Nel 2020, a causa della pandemia, il comparto turistico ha fatto registrare un calo di turisti stranieri pari al 54,6% rispetto al periodo precedente, con una perdita vicina ai 35 miliardi di euro. Andando oltre il fattore meramente quantificabile, il turismo rappresenta o può rappresentare un volano per l’economia anche in zone che non presentano un bagaglio storico ed architettonico consistente, ma sono ricche di amenità, fra esse le campagne, le aree interne e le zone montuose.
Analizzati questi aspetti, la soluzione turistica sembra confermare la sua bontà e la sua insita democrazia, soprattutto guardando alle trasversalità delle ricchezze naturali, paesaggistiche e storiche del nostro Paese. Le piattaforme e le soluzioni di hosting proliferano, rendendo tutto estremamente agevole e a portata di app; crescono strutture ricettive e noi siamo sempre più propensi ed aperti a questa crescita basata su un’accoglienza rigogliosa, che sembra non avere criticità apparenti e strutturali. Possiamo darci una pacca sulla spalla e farci i complimenti, la nostra soluzione ha funzionato, eppure…
“Storico” è l’aggettivo utilizzato da Reinier van Dantzig per definire il nuovo regolamento “Turismo in equilibrio”, adottato dal consiglio comunale della città di Amsterdam. Nello specifico, esso fissa il numero di pernottamenti turistici nella capitale europea, ad un massimo di venti milioni annui. In caso di eccesso, il comune è chiamato ad intervenire, imponendo de facto un limite al turismo. Ciò può sembrarci paradossale in quanto l’afflusso turistico, interno o proveniente da altri Paesi, genera delle esternalità positive utili per le persone che vivono in queste zone attrattive, e lo è ancor di più sapere che il regolamento della città olandese parta da un’iniziativa dei cittadini stessi. Ad ogni modo il fenomeno non sembra essere isolato.
Anche in Spagna, città come Valencia e Barcellona, stanno remando contro l’enorme fiumana dell’overtourism (o sovra-turismo). Di risposta, la crescita del malcontento dei residenti e una maggiore strutturazione dell’associazionismo di quartiere, hanno portato ad una serie di cortei volti alla sensibilizzazione della problematica. Davanti ad un aumento costante dei canoni di affitto e una crescita esponenziale dell’abbandono dei contratti in vigore, i residenti si sono trovati a fronteggiare il lato più “oscuro” del turismo. E in Italia come siamo messi? La risposta è facilmente intuibile e delinea un destino comune a tutte le mete turistiche.
Secondo i numeri del rapporto sul turismo sostenibile “Healthy travel and Healthy destinations” del 2018, la città maggiormente colpita dal turismo massivo è Venezia. Nello specifico, rapportando le unità riferite al turismo con i numeri dei residenti, la situazione assume dei connotati grotteschi. Guardando al centro storico il rapporto residenti/turisti è pari a 1 su 370, mentre se si considera l’intero comune del capoluogo veneto lo stesso si attesta “solo” ad 1 su 73,8. Stesse criticità si riscontrano in città come Roma, Firenze, Napoli ed altri luoghi di interesse turistico, con consistenti impatti sulla sostenibilità complessiva, anche di tipo ambientale.
Il sovra-turismo si delinea come una problematica complessa ed organica, che offre numerose riflessioni di natura differente. Occorre ripensare gli spazi in cui la società vive ed opera, abbandonando quell’intrinseca compressione della diversità, che porta a vedere tutti i luoghi, tutte le società e tutte le problematiche uguali, con soluzioni comuni e comunemente attuabili. Il turismo è senza dubbio un fenomeno positivo dal punto di vista culturale ed economico, ma richiede un’estrema consapevolezza del contesto demografico e sociale che andrà ad impattare. L’obiettivo è quello di rispettare le diversità e le singolarità che determinano il vero “valore” di un luogo, evitando quanto espresso dallo street artist spagnolo Escif, in una sua opera sull’ overtourism raffigurante dei parassiti: “Ci sono molti turisti express che arrivano in massa consumando la città, divorando, ingoiando e defecando la scena del crimine”. La vita, con i suoi luoghi ed i suoi significati, non è un prodotto consumabile.
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Francesco Lelli

Nato a Rieti nel 1991, è appassionato di Economia e Scienze Sociali. Attualmente è PhD student presso il Gran Sasso Science Institute (GSSI) in Regional Science and Economic Geography, dove si occupa di studi relativi all’economia applicata a contesti territoriali. Ama la musica e qualsiasi forma di espressione. View more articles.
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