È di poco più di una settimana fa la notizia che circola sui social e sui giornali secondo cui la Suprema Corte della Cassazione a Sezioni Unite avrebbe risolto un contrasto giurisprudenziale statuendo che lo stalking, inteso come atto persecutorio, non è più un’aggravante. Notizia riportata su svariate testate giornalistiche, tra cui La Repubblica, in cui si legge: “lo stalking non è più un’aggravante per il reato di femminicidio”. Ciò ha suscitato, legittimamente, grandi perplessità, ed ha portato molti a considerare tale statuizione come un passo indietro di 12 anni, a scapito di quella che è la comunità femminile. Chiariamo subito, però, che il caso risolto dalla Cassazione non fa altro che mettere in luce come in verità lo stalking rimanga una vera e propria aggravante.
Procediamo per gradi.
Il caso
Si fa riferimento all’omicidio consumatosi nel 2016 a Sperlonga, nel litorale laziale, di Anna Lucia Coviello, per mano di un’altra donna, la collega Arianna Magistri. Quest’ultima si era resa protagonista, ben prima dell’uccisione, di ulteriori atti persecutori, come minacce ed ingiurie nei confronti della prima. Appare subito chiaro, pertanto, che il termine “femminicidio” che si legge sui giornali in merito a questa faccenda viene utilizzato in modo del tutto atecnico, in quanto da un lato la nozione di femminicidio non rappresenta un concetto giuridico, e, dall’altro, rimanda a reati posti in essere da un uomo nei confronti di una donna, e non anche da una donna stessa.
La questione rimessa alla Corte di Cassazione
Le Sezioni Unite costituiscono la composizione della Suprema Corte investita per lo più da questioni di interpretazioni della legge. Questo vuol dire che qualora vi siano dubbi circa il significato da attribuire e la conseguente applicazione delle norme, sono proprio i giudici della Cassazione a Sezioni unite a risolvere il contrasto interpretativo.
E così è stato in merito all’omicidio aggravato.
Il dibattito affrontato dalle Sezioni Unite verteva su una questione ben precisa: risolvere un contrasto tra due interpretazioni giurisprudenziali in merito a due norme differenti: l’art. 576 n. 5.1 c.p. concernente il delitto di omicidio volontario aggravato dallo stalking, e l’art. 612 bis dello stesso codice riguardante il solo delitto di stalking. Il primo afferma che si applica la pena dell’ergastolo se il fatto previsto dall’articolo precedente – cioè, il reato di omicidio – è commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612 bis nei confronti della stessa persona offesa. Si estende quindi l’ergastolo alla fattispecie dell’omicidio aggravato da stalking. La seconda norma, invece, fa riferimento alla pena prevista in caso di commissione di atti prosecutori, ma fa salva la circostanza che il fatto costituisca un reato più grave.
In breve, alla Cassazione è stata rimessa la decisione interpretativa in merito a due possibilità in riferimento alle due norme: la loro applicazione congiunta alla fattispecie concreta, in conseguenza del riconoscimento dell’esistenza del concorso tra norme, oppure la sola applicazione del delitto di omicidio volontario aggravato dallo stalking, inteso però come reato complesso. Prima di dare una definizione compiuta di reato complesso bisogna sottolineare come una delle maggiori critiche avanzate contro la soluzione adottata dalle Sezioni Unite – in linea con la inesatta interpretazione della stessa sentenza – è che in mancanza del reato complesso si sarebbe avuto una mera somma tra le due pene. Non è così, la soluzione sarebbe stata quella di applicare il reato più grave, seppure aumentato del secondo.
Infatti, la linea direttrice seguita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è stata proprio il riconoscimento dell’esistenza di un reato complesso, quindi la seconda opzione, per intenderci. Affermando che il delitto da stalking è implicito nell’omicidio aggravato si è sottolineato esplicitamente come il primo sia un’aggravante del secondo. Tra l’altro è la stessa nozione di reato complesso che rimanda a questo concetto.
Per reato complesso (o composto), infatti, si intende un reato per cui la legge prevede degli elementi costitutivi o circostanze aggravanti che di per sé costituirebbero reato. In altri termini, il reato di omicidio aggravato dallo stalking, in questo caso, assorbirebbe il delitto di stalking: il reato complesso è quindi il delitto di omicidio aggravato da stalking mentre la circostanza aggravante di cui si fa riferimento è proprio lo stalking (perché costituisce già un reato a sé stante). Appare chiaro così come quest’ultimo non cesserebbe affatto di essere aggravante, così come sottolineato da numerosi giornali e social.
A rafforzare ancor di più l’interpretazione offerta dalla Cassazione vi è anche il versante pene: dare un’interpretazione conforme al concorso di reati avrebbe portato ad una reclusione di non oltre 30 anni; con la soluzione scelta invece, si estende l’ergastolo alla commistione di reati complessi, posto che il solo omicidio aggravato comporta, in ogni caso, una pena più severa.
La diffusione della notizia secondo cui lo stalking non sarebbe più un’aggravante ha suscitato un grande scalpore poiché la sua pubblicazione sui giornali di più diffusione nazionale è stata riportata “a cascata” da innumerevoli social, blog, e giornali di più piccole dimensioni. La disinformazione creatasi, infatti, non è ancora cessata e risulterebbe essere questo il dato più preoccupante. È necessario però far riferimento al fatto che La Repubblica, che è stata tra le primissime testate giornalistiche a diffondere la notizia sul social di Instagram, ha corretto la notizia. Tuttavia, risulta essere una correzione pressoché fuorviante: il post rimane, e può essere visualizzato da tutti sotto il titolo “Lo stalking non è più un’aggravante per il reato di femminicidio”. L’aggiunta di una mera nota alla fine della descrizione non equivale a piena correzione.
Si è in attesa, in ogni caso, della motivazione della sentenza delle Sezioni Unite, al fine di offrire una migliore delucidazione sul caso. Fino ad allora un dato è certo: lo stalking è un’aggravante.
About the Author
Enrica Cucunato

Nata nel 1999 a Cosenza, appassionata di cronaca giudiziaria, giornalismo d’inchiesta e politica estera. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum a Bologna. Durante la sua formazione universitaria ha avuto l’opportunità di seguire corsi presso la Gazzetta di Bologna. Nel 2015 ha viaggiato negli Stati Uniti, dove ha potuto approfondire, presso la New York University, quelle che sono due delle sue passioni più grandi: la danza e l’inglese. Appassionata di libri riguardanti lo studio delle criminalità organizzate e le più grandi inchieste giudiziarie, i suoi interessi riguardano anche la lettera e il cinema. View more articles.
Se sei arrivato fin qui significa che apprezzi i nostri contenuti. Aiutaci a migliorarli sostenendo il nostro lavoro anche al costo di un caffè!
Clicca sul link per donare a The Political Corner: https://www.paypal.com/pools/c/8vBpOiZrsC