Si Avvicina La Fine Del Movimento 5 Stelle?

In tempi di instabilità politica è ben noto che nei partiti si cambino le idee e, perfino, i principi guida. Tuttavia, il Movimento 5 Stelle sembra aver compiuto una completa metamorfosi: sia chiaro che in questa sede non ci si riferisce ai continui mutamenti ideologici riguardanti l’euro, l’Europa, le politiche economiche e la politica estera, ondeggiante tra atlantismo e completo asservimento al dragone cinese. In questo articolo si vuol mettere in evidenza una trasformazione ancora più profonda: il passaggio da “uno vale uno” al nuovo principio “vale solo uno”. Dovrebbe essere questa la nuova versione generata dal conflitto tra il padre-padrone del Movimento Beppe Grillo e l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma perché è nato questo duello tra i due protagonisti? E, soprattutto, che futuro ha il Movimento?

Lo statuto della discordia

Il nuovo statuto di Conte ha irritato Grillo perché gli avrebbe tolto il potere di trattare per il prossimo Presidente della Repubblica e di discutere direttamente con gli altri leader di partito. D’altronde, come riportato dal Corriere della Sera, quando Grillo ha parlato con Conte è rimasto sconcertato per come il suo ruolo di garante sarebbe stato ridimensionato in modo evidente dal nuovo statuto. Ma lo scontro con l’ex premier, che per sé aveva immaginato sostanzialmente un ruolo da amministratore delegato e per Grillo da presidente onorario, è molto più concreto di quanto sia filtrato. Per comprendere bene la situazione, è necessario evidenziare che tra i vari partiti presenti in Parlamento oggi chi comanda davvero – considerando che vi è un governo di coalizione – è chi negozia con gli altri leader la partita del Quirinale. E chi, in caso di crisi o di problemi gravi e riservatissimi, sale al Colle per parlare con il Presidente. Nello specifico, quindi, si parla dei negoziati, già in corso, per la partita del Quirinale, considerando soprattutto che il mandato di Sergio Mattarella scade a febbraio del prossimo anno e l’implementazione del Recovery Plan sembra richiedere grande stabilità e, quindi, che Draghi rimanga a Palazzo Chigi. Inoltre, è doveroso ricordare che Grillo, oltre ad aver creato da zero il primo partito italiano, è stato colui che a gennaio ha negoziato personalmente con Mario Draghi e Sergio Mattarella la nascita del nuovo governo, designando personalmente, uno a uno, tutti i ministri e tutti i sottosegretari che spettavano ai grillini. Di conseguenza, è facilmente comprensibile come per Grillo la stessa idea di dover lasciare la leadership a Conte sia totalmente fuori discussione.

Il piano B

Dagospia riporta che, nel caso in cui non si dovesse trovare una mediazione tra le parti, Grillo sia pronto a lavorare già ad un piano B: una strategia da adottare soprattutto nel caso in cui Conte decida di lasciare il Movimento e fondare un nuovo partito. Sembrerebbe, inoltre, che tra le intenzioni del comico genovese vi sia quella di dar più potere a Luigi Di Maio, Roberto Fico e Virginia Raggi. Dando vita, quindi, ad un Movimento guidato da un triumvirato più – ovviamente – il padre fondatore, cioè Grillo stesso. D’altronde, da quando si parla di scissione, in molti chiedono a Di Maio, Fico e Raggi di valutare una eventuale candidatura. Tuttavia, nessuno ha mai confermato l’interesse, ma, di fronte a un intervento diretto del garante, i tre, qualora la situazione precipitasse di nuovo, potrebbero rompere gli indugi. La prospettiva, però, almeno finora, è ancorata al dialogo e alla mediazione.

La mediazione

«Ho ricevuto dai gruppi parlamentari una richiesta di mediazione in merito agli atti che dovranno costituire la nuova struttura di regole del Movimento 5 Stelle (Statuto, Carta dei valori, Codice Etico). Ho deciso quindi di individuare un comitato di sette persone che si dovrà occupare delle modifiche ritenute più opportune in linea con i principi e i valori della nostra comunità». Così scrive il padre fondatore del Movimento. A far parte del “gruppo dei 7” ci sono tre pentastellati vicini a Grillo (Di Maio, Crippa e l’europarlamentare Tiziana Beghin), tre “contiani” (Patuanelli, Crimi e Licheri) e, nel mezzo, c’è Roberto Fico che, da Presidente della Camera, dovrebbe avere un ruolo istituzionale e super partes. A tale decisione del garante, segue la reazione di Conte. L’ex premier, come riportato da Open, «non può che valutare positivamente il tentativo di mediazione in atto, dal momento che lui stesso ha sempre lavorato per trovare una sintesi e per evitare spaccature e scissioni». Ben venga quindi — secondo Conte o almeno secondo quello che è stato riportato — il tentativo proposto da Grillo, se utile a rilanciare il M5S e a dar vita a un nuovo corso, tenendo fermi però quei principi fondamentali su cui si è già espresso e sui quali non intende trattare. «Momento molto delicato, proprio per questo credo che si debba parlare pochissimo e lavorare per una soluzione comune. Io ci credo, non è semplice ma troveremo una soluzione comune per far ripartire questo progetto il prima possibile». Così il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. A seguito di tali dichiarazioni sembrerebbe che rispetto a qualche giorno fa il conflitto si stia dissipando. Tuttavia, è doveroso notare che tale scontro non è nato a causa di differenti visioni politiche o di diverse visioni di Paese: la politica — quella vera — è totalmente assente in questo conflitto. Qui ci si trova di fronte ad una concreta lotta di potere, o meglio, ad una lotta per la leadership e il controllo del Movimento. D’altronde, lo statuto proposto da Conte non lo si conosce nei dettagli e, in aggiunta, quei valori che tanto sono stati invocati — sia dall’ex premier che da Grillo — in pochi saprebbero descriverli.

Il Movimento 5 Stelle è un partito che negli ultimi anni — nonostante tutto — ha portato a casa grandi risultati: dall’aver pilotato l’Italia attraverso la pandemia tramite l’azione (e le dirette televisive) di Conte al raggiungimento del Next Generation EU che porterà al Paese la notevole somma di 191 miliardi di euro. Tuttavia, allo stesso tempo, il Movimento non è cresciuto per niente a livello organizzativo. Contraddistinto da una leadership (in ultima istanza quella di Grillo) verticale, anzi quasi “dittatoriale”, in cui il padre-padrone dava gli ordini, decideva le coalizioni, sceglieva chi promuovere e chi cacciare. Ed è proprio questa la “tragedia” del Movimento: rischia di morire malgrado abbia sempre un notevole — seppur ridimensionato — consenso popolare, a causa del fatto che non si è mai mostrato capace di dotarsi di strumenti di dibattito e decisione democratici al suo interno.

Nei prossimi giorni si vedrà se sarà trovata la quadra tra i vari dirigenti del partito, ma ormai, nonostante tutte le possibili mediazioni, sembra sempre più probabile che le fratture createsi difficilmente possano essere sanate da una qualche modifica dello statuto.

(Featured Image Credits: Open)

About the Author


Luca Cupelli

Nato a Cosenza nel 1998, è appassionato di storia risorgimentale, politica italiana e relazioni internazionali. Dopo una laurea triennale in scienze politiche, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Governo, Amministrazione e Politica presso l’università LUISS Guido Carli di Roma. Nel 2019 ha lavorato come analista politico tirocinante presso l’Ambasciata degli Stati Uniti. È un grande fan della musica anni ’80 e delle serie tv americane. View more articles

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