«You shoot me down, but I won’t fall
I am titanium
Cut me down, but it’s you
Who’ll have further to fall»
Lo scorso 6 maggio, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha aggiornato la propria valutazione sulla sicurezza del biossido di titanio – presente in etichetta come E171 –, non più considerato sicuro a seguito di una richiesta della Commissione Europea del marzo 2020. Invece di cedere a facili titoli allarmistici, proviamo ad entrare nel merito della questione.
Il biossido di titanio è una sostanza di origine minerale, usata come colorante alimentare al fine di aggiungere colore o ravvivare quello originale. È impiegato nella produzione di caramelle, prodotti a base di pesce e formaggio, brodi, zuppe, salse e creme salate da spalmare, e il suo uso è stato autorizzato nell’Unione Europea a partire dal 2008. Come prescritto dalla legislazione europea vigente in materia proprio da quell’anno, la sicurezza di tutti gli additivi alimentari autorizzati per l’uso nell’Unione prima del 20 gennaio 2009 avrebbe dovuto essere valutata di nuovo. La ri-valutazione della sicurezza dell’additivo E171 è avvenuta nel 2016, a seguito di cui si è raccomandato di eseguire nuovi studi per colmare le lacune riscontrate nei dati.
Il prof. Maged Younes, Presidente del gruppo di esperti EFSA sugli additivi e aromatizzanti alimentari, ha dichiarato che «tenuto conto di tutti gli studi e i dati scientifici disponibili, il biossido di titanio non può più essere considerato sicuro come additivo alimentare. Un elemento fondamentale per giungere a tale conclusione è che non abbiamo potuto escludere timori in termini di genotossicità connessi all’ingestione di particelle di biossido di titanio. Dopo l’ingestione, l’assorbimento di particelle di biossido di titanio è basso, tuttavia esse possono accumularsi nell’organismo umano». La genotossicità è la capacità di una sostanza chimica di danneggiare il DNA, e visto che essa può avere effetti cancerogeni, è essenziale valutare il potenziale effetto genotossico di una sostanza per trarre conclusioni sulla sua sicurezza. Per questo motivo, non si è potuto stabilire un livello di sicurezza per l’assunzione quotidiana di questo additivo alimentare.
Tuttavia, l’EFSA non è un organo legislativo: fornisce consulenze scientifiche indipendenti sui rischi connessi all’alimentazione, quindi opera interpretando dati già disponibili, pubblicati sia dalle aziende produttrici che da ricercatori pubblici. Inoltre, informa il pubblico sulle attività scientifiche svolte e coopera con i Paesi dell’UE, gli organismi internazionali e altri soggetti interessati. Pertanto, chi ne beneficia sono i consumatori comunitari, perché sono adeguatamente protetti e informati riguardo ai rischi legati a vari tipi di esposizione alimentare, ma anche le istituzioni dell’UE e i governi nazionali, che sono incaricati di gestire la salute pubblica e autorizzare l’uso di prodotti alimentari. L’EFSA svolge quindi il ruolo di risk assessment, ossia valutazione del rischio, molto diversa dal risk management, ossia la gestione del rischio, in capo agli Stati membri e alla Commissione. Negli Stati Uniti, invece, la Food and Drug Administration (FDA) opera sia risk assessment sia risk management.

Nell’Unione Europea è quindi la Commissione a giungere a un divieto, o a una restrizione, o a ulteriori osservazioni. Questo iter, così come è avvenuto per il biossido di titanio, si segue solo se non vi sono pericoli imminenti e immediati alla salute pubblica; in caso contrario, il prodotto viene ritirato subito dal commercio. A ragione di ciò, si segue il principio di precauzione, invocato solo nell’ipotesi di un rischio potenziale: visto che c’è un dubbio ragionevole, si raccomanda attenzione nei confronti di un possibile rischio. Ma quindi, l’EFSA sta vietando il biossido di titanio? No, perché come abbiamo visto non ha poteri legislativi. Per sapere come andrà a finire e quali step potranno essere concretamente percorsi, possiamo prendere come riferimento il caso dell’aloe.
Lo scorso 18 marzo la Commissione europea ha vietato l’utilizzo negli alimenti –integratori alimentari inclusi – dei derivati dell’idrossiantracene ad uso purgante, contenuto nella parte esterna della foglia di aloe vera. Questo regolamento è stato l’atto finale di un processo lungo una decina d’anni basato sulle prove e sugli studi raccolti e pubblicati dalla comunità scientifica sulla pericolosità di queste sostanze. Tutto ha inizio nel 2013, quando la Commissione richiede ad EFSA un parere da parte dell’azienda Vivatech in merito all’utilizzo di un claim di tipo salutistico: l’azienda domanda di inserire riferimenti al miglioramento delle funzioni intestinali sulle confezioni di integratori contenenti questo derivato dell’aloe. L’EFSA emette parere positivo nel merito della vicenda, tuttavia, alla luce della review della letteratura, mette in guardia dall’uso prolungato per più di 12 giorni.
In seguito a questa segnalazione, la Commissione richiede un nuovo parere per valutare adeguatamente la sicurezza d’impiego nel settore alimentare e la risposta dell’EFSA è chiara: secondo le informazioni disponibili, gli idrossiantraceni presenti in piante come cascara, senna, rabarbaro e soprattutto aloe potrebbero alterare il DNA (presentando il problema della genotossicità) e aumentare il rischio di cancro al colon, e quindi il loro uso negli alimenti è da valutare con attenzione. Anche in questo caso non dobbiamo cedere agli allarmismi: bisogna distinguere tra la pianta intera, come nel caso della senna, e tra l’estratto completo delle foglie contenenti idrossiantraceni dal gel dell’aloe, dove sono presenti solo in tracce.

Dobbiamo quindi cestinare tutti i prodotti che abbiamo in casa che contengono aloe, dai cosmetici ai liquori? Per quel che ne sappiamo ora, no: è molto difficile che grandi quantità dei primi arrivino al colon; d’altro canto per i secondi l’alcol aumenta il rischio di insorgenza di moltissimi tumori anche solo in quantità alimentare, e per raggiungere il livello della dose contenuta negli integratori ad effetto purgante bisognerebbe bere molti litri di Fernet al giorno. Di conseguenza, solo alcune sostanze chimiche contenute nell’estratto totale di foglie di aloe sono cancerogene. Il gel contiene solo delle tracce, rendendo dirimente la qualità del processo sulla sicurezza del prodotto.
È inoltre importante che il consumatore ricordi che ogni indicazione, sia essa di efficacia o di eventuale cancerogenicità, si applica solo al caso valutato e alla specifica destinazione d’uso, e quindi al biossido di titanio ad uso alimentare, e non può essere reso omnicomprensivo, per esempio estendendolo anche al titanio usato in campo cosmetico, come nelle creme solari. Al singolo resta la responsabilità di prestare attenzione nei confronti di un possibile (e non certo!) rischio quando si imbatterà nell’E171 sugli scaffali dei supermercati. Tra benefici percepiti e reali, che rischi siamo disposti a correre?
(Featured Image Credits: drobotdean/Freepik)
About the Author:
Margherita Pucillo

Nata ad Anzio nel 1999, è particolarmente interessata alle interazioni tra tecnologia e società, alla comunicazione pubblica della scienza e alle politiche di genere. Dopo la maturità classica e la laurea triennale in Scienze Politiche, sta proseguendo il suo percorso universitario presso la LUISS Guido Carli con il corso magistrale in Governo, Amministrazione e Politica, indirizzo Politica e Comunicazione. Da un biennio è membro della Consulta Giovanile del Pontificio Consiglio della Cultura. Tra le sue passioni ci sono anche la scherma, il laboratorio teatrale e lo speaking radiofonico. View more articles.
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