L’annuncio dell’istituzione della Superlega è stato di certo l’evento che più ha scosso l’ecosistema organizzativo calcistico da qualche decennio a questa parte. La competizione era stata presentata dagli ideatori stessi come la risoluzione a tutti i problemi – principalmente economici – che la pandemia di Coronavirus aveva causato al mondo del calcio. Nella sua concezione originaria, il progetto si sarebbe concretizzato nella creazione di una competizione elitaria in cui venti squadre, appartenenti ai campionati nazionali europei, si sarebbero sfidate durante tutta la stagione sportiva in quello che sarebbe risultato alla fine dei conti un torneo in piena regola. Tale campionato si sarebbe affiancato alle già presenti Champions ed Europa League – le maggiori coppe europee – ma esulando dalla sfera UEFA (Union of European Football Associations ndr.).
La Superlega ha fatto la propria comparsa poco dopo la mezzanotte del 19 aprile scorso, quando, congiuntamente, le dodici squadre fondatrici hanno annunciato il progetto attraverso un comunicato. Tra i grandi promotori figurano Florentino Perez e Andrea Agnelli, rispettivamente chairmen di Real Madrid e Juventus, che avrebbero assunto anche in questo caso ruoli presidenziali. A finanziare la fase iniziale sarebbe stata la JPMorgan Chase, banca d’affari statunitense, che con tre miliardi e mezzo di euro messi sul piatto sembrava davvero poter dare avvio al progetto.
Si parla al passato poiché così come è nata, tra il clamore del mondo sportivo, la Superlega si è spenta, e sono bastate solamente 48 ore per accantonarne la messa in atto. È infatti di qualche giorno successivo la rinuncia dapprima di alcuni club inglesi e successivamente di tutte le società fondatrici, eccezion fatta per Real Madrid, Juventus e Barcellona.

(Image Credits: CalcioMercato.com)
I motivi della Superlega
I dodici club fondatori avevano un chiaro ed indistinguibile obiettivo: risanare i debiti dell’élite europea, cresciuti in maniera esponenziale a causa della situazione emergenziale pandemica. Tra le maggiori fonti di ricavo per le società sportive vi è sicuramente l’incasso al botteghino delle gare disputate e, durante questo anno di pandemia, ciò è venuto totalmente a mancare.
I bilanci languivano e si è provato a mettere una pezza – da dieci miliardi in tre anni ndr.–.
« Il progetto Superlega è stato studiato per aiutare il calcio a uscire dalla crisi – sottolinea il presidente Florentino Perez in un’intervista ai microfoni di As –. Il calcio è gravemente ferito perché la sua economia sta affondando e dobbiamo adattarci ai tempi che stiamo vivendo ». Perez ha poi sottolineato la necessità di adattarsi alle nuove dinamiche: dei quattro miliardi di persone che seguono il calcio circa la metà è tifosa di una delle dodici fondatrici della Superlega e molti seguono soltanto le gare che si svolgono tra top club. Ad esempio, una gara di campionato spagnolo tra il Real Madrid, che milita costantemente nelle prime posizioni, ed una delle ultime della classe genererebbe ricavi tali da non giustificare un investimento in tale competizione e a considerare quest’ultima come marginale. Anche il valore dei diritti TV, stagnante da qualche anno a questa parte, avrebbe subito un rialzo considerevole, con le varie emittenti che avrebbero fatto a gara per assicurarsi la messa in onda di partite di così alto livello.
Una soluzione certamente intrigante, ma le critiche non sono mancate.
La UEFA, i tifosi e il mondo politico: il fronte unito degli oppositori

È lecito pensare che, se le pressioni che da ogni parte hanno investito il progetto fossero state più contenute, probabilmente a questo punto staremmo parlando del quadro organizzativo della nuova Superlega. Eppure, fin da subito, la UEFA, tramite gli interventi pubblici del proprio presidente Aleksander Čeferin, si è duramente scagliata contro la competizione, minacciando ritorsioni sulla base del proprio statuto. Le principali accuse mosse hanno mirato a sfaldare dalle fondamenta la competizione.
Meritocrazia. È questa la parola d’ordine per tutti gli oppositori.
È giusto proporre un campionato esclusivo per venti squadre, di cui quindici sarebbero fondatrici – quindi partecipanti ad ogni edizione – e solo cinque di esse si alternerebbero ogni anno in base agli inviti esclusivi delle prime?
Lo stesso Čeferin ha annunciato non poche ritorsioni verso le partecipanti e, in seguito ad alcune perizie legali, si è detto certo di poter proporre l’esclusione delle suddette squadre dai campionati nazionali e dalle coppe come la Champions e l’Europa League. È di queste ore l’apertura del procedimento giudiziario ai danni di Juventus, Barcellona e Real Madrid, le uniche tre squadre ancorate al progetto, che porterebbe all’esclusione dalle competizioni europee suddette. Ci si prepara ad una lunga battaglia legale, con le società che sarebbero già ricorse al TAS di Losanna.
La questione non è passata inosservata neanche nel mondo politico: Mario Draghi, Boris Johnson ed Emmanuel Macron hanno fatto fronte comune nel definire tale progetto sbagliato, intempestivo e dannoso. Il tentativo di costruire un sistema che privilegi la casta, che valorizzi i prodotti di alto livello del settore, a scapito di possibili concorrenti di scala minore risulterebbe oltraggioso e creerebbe una spaccatura non indifferente. Il mondo politico europeo ha sempre visto nel calcio uno strumento per avvantaggiarsi economicamente nei confronti di altri colossi mondiali – Stati Uniti, Cina e Russia –, dove tale sport ha volume e cultura notevolmente minore. Tra i club della Superlega, Chelsea, Manchester United, Liverpool, Arsenal, Milan ed Inter hanno proprietà non europee e la creazione di tale competizione avrebbe potuto consistere in uno svantaggio competitivo geopolitico per l’Europa.
Lo sport ha come merito quello di riuscire a valorizzare socialmente e tecnicamente la vita umana e le gesta di coloro che attraverso il lavoro e la dedizione riescono ad ottenere grandi traguardi rappresentano il motivo per cui ci innamoriamo dei protagonisti. I tifosi sono legati alle favole sportive come quella del Leicester di Claudio Ranieri, che da neopromossa nell’anno precedente è riuscita a vincere il titolo inglese nel 2016-17, e non accetteranno mai competizioni basate principalmente sui ritorni economici.
C’è però da dire che da qualche decennio a questa parte la UEFA ha inserito nella propria regolamentazione una serie di accorgimenti a livello economico-finanziario a cui i club devono fare riferimento e che hanno portato le società di calcio a diventare sempre più affini al modello aziendale. Risulta impensabile che in futuro si ritorni ad un calcio in cui le implicazioni economiche si attestino su cifre ben più modeste e, sebbene ora sia stato accantonato, il progetto Superlega ha dato il via ad un’era di rinnovamento delle istituzioni calcistiche: se si concretizzerà o meno in una nuova competizione ci verrà detto col tempo, ma di certo il seme è stato piantato.
(Featured Image Credits: Filippo Monteforte/Agence France-Presse via Getty Images)
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Camillo Cosenza

Nato a Cosenza nel 1999, è un grande appassionato di sport, economia e politica. Frequenta il Corso di Laurea triennale in Ingegneria Gestionale all’Università della Calabria. Ama anche la storia e la filosofia, passioni nate durante il periodo liceale. View more articles.
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