Il Giappone ha annunciato l’approvazione di un piano per rilasciare in mare più di un milione di tonnellate di acqua contaminata provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima. Ovviamente questa notizia ha adirato i pescatori locali, le associazioni ambientaliste, ma soprattutto i potenti vicini di casa: la Cina e la Corea del Sud.
La conferma ufficiale è arrivata il 13 aprile, ossia più di un decennio dopo il disastro nucleare: il Primo Ministro giapponese, Yoshihide Suga, ha affermato che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico è stata considerata l’opzione “più realistica” per garantire a Fukushima la piena ripresa dopo i due disastri ambientali dell’ultimo decennio. Il Governo ha dichiarato che “farà del suo meglio per mantenere l’acqua molto al di sopra degli standard di sicurezza”.
L’acqua che verrà rilasciata nell’oceano è la stessa che è stata utilizzata per raffreddare il combustibile nucleare proveniente dai tre reattori della centrale, che si sono fusi in seguito al terremoto e allo tsunami del 2011.
Attualmente, l’acqua viene trattata attraverso un macchinoso processo di filtraggio per eliminare la gran parte degli elementi nocivi, per poi essere conservata in enormi serbatoi della centrale “Tokyo Electric Power” (TepCo), che, tuttavia, stanno esaurendo lo spazio a disposizione. Si tratta di una quantità di acqua tale da riempire 500 piscine olimpioniche.
I rilasci potrebbero iniziare tra 2 anni e saranno spalmati in un arco temporale di almeno 4 decenni, in modo che l’acqua possa essere diluita per far sì che i livelli di radiazione presenti siano al di sotto di quelli prestabiliti per l’acqua potabile.
La TepCo sostiene che il trizio, un materiale radioattivo, non può essere rimosso dall’acqua e non è considerato dannoso in piccole quantità, mentre altri radionuclidi possono essere diluiti per raggiungere i livelli consentiti per il rilascio.
Cosa è successo a Fukushima 10 anni fa?
Alle 14:46 ore locali dell’11 marzo 2011 una scossa ha fatto tremare la costa nord-orientale del Giappone, a 30 km di profondità. Il terremoto, di magnitudo 9.0, ha provocato uno tsunami di oltre 10 metri. Le onde si sono abbattute sulla città di Ōkuma, infrangendosi anche sulla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Lo tsunami ha messo fuori uso il sistema di raffreddamento dei reattori, portando alla fusione di tre di questi. Il combustibile ha completamente fuso i vasi di contenimento e le basi in cemento dei reattori.
In quei giorni sono state rilasciate tonnellate di materiale radioattivo.
La testimonianza lasciata dal passaggio dello tsunami è a dir poco agghiacciante: oltre 19.000 morti, circa 130.000 sfollati, 332.000 edifici distrutti, e un incidente nucleare considerato il peggiore della storia insieme a quello di Chernobyl del 1986.

Chi sono i principali oppositori?
Tra coloro che oppongono la decisione giapponese troviamo in primis i Paesi vicini, Cina e Corea del Sud, ma non solo.
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha denunciato il Governo giapponese definendolo “estremamente irresponsabile” e accusandolo di non avere coinvolto nella decisione la comunità internazionale. La Corea del Sud ha convocato l’ambasciatore del Giappone, Koichi Aiboshi, dichiarando la ferra opposizione di Seul.
Tra i pochi favorevoli ci sono gli Stati Uniti, che sostengono il piano giapponese ritenendolo “trasparente” nella gestione della crisi.
Non sono mancate, tuttavia, le proteste da parte degli ambientalisti e della gente del posto, soprattutto dei pescatori. La ONG “Greenpeace” ha fermamente dichiarato che “il Governo giapponese ignora completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima, del Giappone e del Pacifico” e, inoltre, ha aggiunto che “ha ancora una volta fallito con il popolo di Fukushima”.
Ovviamente anche l’industria della pesca è preoccupata per l’impatto che questa decisione avrà sulle scelte dei consumatori. Il settore della pesca commerciale era già stato fortemente colpito in seguito al disastro ambientale del 2011, soprattutto in seguito alla decisione di vietare le importazioni di pescato proveniente dalle acque del Giappone nord-orientale.
Quest’acqua è effettivamente sicura?
La decisione del Governo giapponese gode dell’approvazione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. “Il piano è in linea con la pratica internazionale sullo smaltimento delle acque” e “non c’è nessuno scandalo, perché non è qualcosa di nuovo”, ha apertamente dichiarato il direttore generale dell’AIEA Rafael Grossi.
Gli scienziati sostengono che l’impatto sulla salute è effettivamente minimo, poiché questi elementi contenuti nell’acqua trattata non sono tossici se diluiti adeguatamente.
La paura principale, tuttavia, concerne la possibilità che queste sostante radioattive possano essere ingerite tramite il consumo di pesce proveniente dall’area. Ancora una volta, gli scienziati scongiurano questa affermazione. Questi ultimi rimarcano anche il fatto che sono state rilasciate molte più scorie radioattive dagli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito durante i test sulle armi nucleari portati avanti tra gli anni ’40 e ’60. Forte è infatti l’insistenza del Giappone nei media a descrivere le acque come “trattate” e non “contaminate”.
(Featured Image Credits: Il Fatto Quotidiano)
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Costanza Berti

Nata a Massa Marittima nel 1998, ha conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche e ora frequenta il corso di laurea magistrale in Gestione d’Impresa presso l’università LUISS di Roma. La sua vita si divide tra Roma e Follonica. Da sempre appassionata di viaggi, nel corso degli anni ha potuto scoprire e vivere culture molto diverse tra loro. Nel 2019 ha preso parte al progetto Erasmus a Rotterdam, trascorrendo un semestre di studio alla Erasmus University of Rotterdam. View more articles.