A poche ore dall’inizio del secondo confinement, lo scorso 29 ottobre la Francia è stata scossa dall’ennesima serie di attacchi terroristici. Il primo si è verificato nella cattedrale di Notre Dame a Nizza, dove tre persone sono state barbaramente uccise a colpi di arma da taglio (aggressione poi rivendicata sui social media dal gruppo “Al-Mahdi nel sud della Tunisia”, sconosciuto prima d’ora), mentre il secondo attacco è avvenuto a Gedda, in Arabia Saudita, contro una guardia del consolato francese. Sempre in questa città saudita l’11 novembre, durante la celebrazione del Remembrance Day, si è verificata un’esplosione, che avrebbe avuto come probabile target proprio il console francese. Dubbia invece la matrice terroristica degli episodi di Avignone del 29 ottobre e di Lione del 31 ottobre.
Questi sono gli ultimi tasselli di un’altra sequenza di aggressioni di stampo jihadista cominciata già a settembre 2020 con l’attacco di fronte alla vecchia sede di Charlie Hebdo, seguito dalla spietata decapitazione del professore Samuel Paty.
La Francia, dunque, si trova ad affrontare nuovamente la minaccia terroristica, questa volta inserita in un quadro più ampio di crescente tensione con il mondo musulmano e la Turchia di Erdoğan.
Il terrorismo in Francia: i numeri e gli episodi recenti
Secondo una fonte ISPI, dal 29 giugno 2014, data della proclamazione dello Stato Islamico, la Francia avrebbe registrato oltre 30 attacchi, con 202 arresti per terrorismo jihadista rilevati da ICSR ed Europol solo nel 2019.

Oggi il legame fra il primo attacco del 7 gennaio 2015 e gli episodi recenti sembra più profondo che mai, per un comune denominatore: Charlie Hebdo. Infatti, proprio in rue Nicolas Appert, di fronte alla ex sede del settimanale satirico, lo scorso 25 settembre due persone sono state ferite da un giovane armato di ascia. Poche settimane dopo, il 16 ottobre, è avvenuta la feroce decapitazione di Samuel Paty, professore di Storia e Geografia ed Educazione Civica e Morale del collège Bois d’Aulne di Conflans-Sainte-Honorine, a nord-ovest di Parigi. L’insegnante, durante una lezione sulla libertà di espressione, aveva mostrato la famosa vignetta di Charlie Hebdo pubblicata esattamente dopo l’attentato del 2015 e ritraente il Profeta Maometto.
«Non rinunceremo alle caricature» ha affermato il Presidente Macron durante i funerali del professore tenuti alla Sorbona, riconfermando quindi il suo impegno nella lotta al “separatismo islamista”. Tali dichiarazioni del presidente francese, in continuità con il suo discorso programmatico di Les Mureaux del 2 ottobre, hanno infiammato il mondo musulmano.
La tensione con il mondo musulmano: il boicottaggio economico e gli interessi di Erdoğan
La reazione del mondo musulmano alle affermazioni di Macron, percepite come un incitamento alla islamofobia e allo sconsiderato utilizzo dei simboli dell’Islam, non si è fatta attendere. Dopo tutti questi episodi, diverse società commerciali dei Paesi arabi hanno intrapreso un’azione congiunta di boicottaggio dei prodotti francesi. L’hashtag #BoycottFrenchProducts e l’equivalente in arabo di #NeverTheProphet si sono progressivamente diffusi in Paesi come Kuwait, Qatar, Giordania, Palestina. Questa iniziativa è stata accompagnata anche da proteste in Iraq, Libia e alcune città del Pakistan, durante le quali sono state date alle fiamme bandiere francesi e immagini del Presidente Macron.

A soffiare sul fuoco è il presidente turco Erdoğan che, oltre a incoraggiare ufficialmente la campagna di boicottaggio, ha anche rilasciato dichiarazioni pesanti — per non dire volutamente esasperate — secondo le quali la presunta islamofobia della Francia costituirebbe una vera e propria “Shoah” dei musulmani. Inoltre, da parte di vari Paesi europei e di rappresentanti dell’Unione stessa sono giunte condanne ed espressioni di sdegno per l’evidente strumentalizzazione. Queste affermazioni del presidente turco, nonostante la successiva condanna di Ankara del “selvaggio” attacco a Nizza, non sono andate affatto nella direzione di una possibile distensione fra Francia e mondo musulmano. Pertanto, seppur in assenza di legami causali diretti, non si può escludere che questa posizione di Ankara abbia dato o possa dare indirettamente impulso a episodi di violenza nei confronti della Francia.
Per comprendere la posizione di Erdoğan, innanzitutto, è necessario ricordare il suo legame con il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), fondato sull’Islam e sul conservatorismo politico. Inoltre è sempre più chiara la volontà del presidente turco di concorrere con i Paesi del Golfo per il ruolo di Stato-guida del mondo musulmano e, in generale, della regione mediorientale. Non bisogna, infine, dimenticare che a livello geopolitico la Turchia è una diretta rivale della Francia nell’area del Mediterraneo orientale, nel Caucaso e in Libia.

La difesa della laicité
Come nel caso di Erdoğan, anche la posizione di Macron è parzialmente legata allo scenario politico interno, ovvero alla volontà del presidente francese di rassicurare una parte di elettorato, tradizionalmente lepenista, sensibile alla questione della sicurezza e del pericolo del fondamentalismo islamico.
Tuttavia, la difesa della laicité e delle caricature satiriche non deve essere ridotta a un mero strumento politico, ma costituisce l’effettiva base del secolarismo della Repubblica francese.
Se da un lato, il settimanale Charlie Hebdo ha utilizzato molto spesso battute derisorie e poco sagaci non rientranti nella categoria di pura satira, dall’altro lato, dal 7 gennaio 2015, esso è diventato il simbolo del cosiddetto “diritto di blasfemia” e della libertà di espressione, sancita nella Costituzione francese. Altro principio garantito costituzionalmente in Francia, nonché logico risultato della laicité e della neutralità statale, è proprio quello della libertà di culto, di fronte alla quale l’accusa di Erdoğan non può che sgretolarsi.
Nonostante tali presupposti, il concetto della laicité sembrerebbe aver incontrato un “muro di incomprensione”, come descritto da Le Monde. Macron, infatti, nel tentativo di favorire una parziale distensione e rispondere a tale incomprensione, ha rilasciato un’intervista ad Al-Jazeera, nella quale ha espresso il proprio rispetto «per coloro che sono rimasti scioccati dalle caricature», ma allo stesso tempo ha rimarcato il proprio ruolo super partes di garante della libertà di espressione e rigettato qualsiasi strumentalizzazione politica o religiosa.
In conclusione, di fronte alla nuova ondata di terrorismo, che, tra l’altro, ha già superato i confini francesi e colpito la vicina Austria, è imperativo condannare questa forma di violenza e il fondamentalismo islamico di cui essa è manifestazione. Il caso della Francia, però, ci costringe a una riflessione più profonda: come proteggere e promuovere i principi di laicità e neutralità di uno Stato di diritto come quello francese di fronte al ritorno della minaccia terroristica e al dissenso del mondo religioso?
(Featured Image Credits: Corriere Di Como)
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Valeria Pia Soricelli
Nata a Benevento nel 1998, è appassionata di geopolitica e relazioni internazionali, con particolare interesse verso il Medio Oriente. Ha conseguito il diploma di maturità classica e la laurea triennale in Scienze Politiche. Attualmente è studentessa del corso magistrale in International Relations presso la LUISS Guido Carli e sta svolgendo il tirocinio nella sezione Relazioni Bilaterali dell’Ambasciata Britannica di Roma. Ha inoltre partecipato al programma Erasmus+ presso l’Institut d’études politiques Sciences Po Paris. Da includere tra le sue varie passioni anche la musica rock, il canto e il cinema francese. View more articles.