Il Lato Oscuro Dei Social Media

Nelle ultime settimane, si è molto parlato del nuovo documentario Netflix, “The Social Dilemma”. Tale docu-film ha destato un certo scalpore perché denuncia una realtà intimamente vicina ad ognuno di noi: i social media. È da tempo che l’opinione pubblica si divide in coloro che approvano e non approvano questi nuovi mezzi di comunicazione, ma l’aspetto più interessante è che, questa volta, la denuncia parte proprio da dipendenti di grandi aziende che – allarmati – rivelano il background dei potenti social media.

Se non stai pagando il prodotto, allora il prodotto sei tu

Si dice che il fine giustifica i mezzi, ma quando il fine è il profitto si è giustificati a utilizzare migliaia e migliaia di dati personali? È lecita la manipolazione quando lo scopo sono delle elezioni elettorali? La risposta è alquanto scontata. Eppure, viviamo in un’era in cui probabilmente non ci rendiamo conto che la vera risposta, in realtà, è affermativa.

Facebook, Twitter, Instagram, Snapchat, You Tube, Google, Tik Tok e molte altre piattaforme competono per la nostra attenzione. Il modello imprenditoriale di queste aziende è tenere le persone incollate allo schermo, capire quanto riescono a trattenerci e in che modo. Internet contiene tutti questi prodotti e servizi che crediamo gratis, ma in realtà non lo sono. Le grandi aziende, infatti, vengono pagate dagli inserzionisti. E perché questi ultimi pagano? Semplicemente perché ci viene mostrata la loro pubblicità. Siamo noi il prodotto. È la nostra attenzione ad esser venduta.

«Il prodotto è il graduale e impercettibile cambiamento del tuo comportamento e della tua percezione. L’unico elemento da cui si può trarre profitto. Quello che fai, il modo in cui pensi, chi sei». Così afferma Jaron Lanier, scienziato informatico e filosofo, che scrive spesso sui pericoli dei social e sulla tecnologia. «Possono andare da qualcuno – afferma Lanier riferendosi ai colossi del Web – e dire dammi 10 milioni di dollari ed io riuscirò ad indirizzare l’1% del mondo nella direzione che vuoi. Questo è quello che ogni impresa ha sempre sognato, avere la garanzia che una pubblicità avrà successo, è così che si fanno affari, vendendo certezza. Per avere successo in questo settore devi solo fare grandi previsioni ed esse hanno un imperativo: servono molti dati».

Come funziona l’algoritmo sui social

Tale documentario approfondisce, in maniera alquanto esaustiva, la questione e spiega concretamente le dinamiche intrinseche ai social o – per meglio dire – gli algoritmi. «Due amici che sono vicini, che hanno più o meno lo stesso gruppo di amici potrebbero pensare che sulla sezione notizie di Facebook abbiano gli stessi e identici aggiornamenti. Non è così, vedono mondi completamente diversi prodotti da algoritmi che calcolano ciò che è perfetto per ognuno di loro» dice Tristan Harris, principale testimone di “The Social Dilemma”, il quale ha lavorato come esperto di design in Google.

Inoltre, Harris aggiunge che «con il tempo si ha la falsa sensazione che tutti siano d’accordo con te». D’altronde, quello che appare sulla tua bacheca è pensato appositamente in base ai tuoi like e ai tuoi interessi. Considerando ciò, sei facilmente manipolabile «nello stesso modo in cui potrebbe manipolarti un mago che vuole mostrarti un trucco con le carte e ti dice di sceglierne una, ma non sai che ti ha teso una trappola: è così che funziona Facebook. È come il mago, decide la piattaforma cosa farti vedere».

È rilevante, ai fini della nostra analisi, citare lo “scandalo Cambridge Analytica”, società di consulenza britannica, che ha lavorato alla campagna di Trump e alla campagna per la Brexit. Il nome di tale società è divenuto celebre proprio in seguito ad uno scandalo connesso alla gestione dei dati per influenzare le campagne elettorali. Cambridge Analytica sosteneva di avere migliaia di dati per ogni elettore americano, cosa che ha comportato una vera guerra di informazioni perché usati dallo staff di Trump per vincere la campagna elettorale.

I social network sono strumenti meravigliosi che vanno usati correttamente. È straordinario pensare come la realtà in cui viviamo cambi così velocemente e questo è un effetto anche dell’uso dei social che ci permettono di abbattere le distanze, di metterci continuamente in contatto.  Dovrebbe esserci, però, una tutela maggiore dei nostri dati, anche e soprattutto, da parte dell’ordinamento giuridico (si noti che dei primi passi sono già stati mossi dall’approvazione del GDPR, regolamento europeo su privacy e dati, operativo dal maggio 2018). Noi nel frattempo possiamo, in compenso, ridurre il numero di ore che passiamo incollati allo schermo: disattivando le notifiche, impostando un promemoria giornaliero ma soprattutto cercando di spendere bene il nostro tempo anche al di fuori di questa realtà virtuale.

(Featured Image Credits: Netflix)

Ludovica De Rose

Nata a Cosenza nel 2001, frequenta il corso di laurea triennale in Economia e Management presso l’università LUISS di Roma. Appassionata di arte, cultura e tematiche inerenti l’economia, le piace viaggiare e conoscere posti nuovi. Nel 2017 ha preso parte al programma Intercultura in Irlanda, trascorrendo un mese estivo a Wexford. Tra gli altri interessi anche tennis, equitazione e lettura di libri di attualità . View more articles. 

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