La formazione del nuovo esecutivo del Giappone, avvenuta lo scorso 16 settembre, è sicuramente un evento molto rilevante, dato che ha posto fine alla lunga fase di governo di Abe Shinzō. Il suo successore, Suga Yoshihide (Segretario di Gabinetto del precedente governo), dovrà cercare di continuare il lavoro intrapreso in questi anni per affrontare una serie di sfide – di natura sia domestica che internazionale – che si riveleranno cruciali nel determinare il futuro del Giappone e il suo ruolo nello scacchiere mondiale e nella regione dell’Indo-Pacifico (un termine che , fra l’altro, è stato coniato e diffuso dagli stessi giapponesi).
Storia della potenza giapponese
Il Giappone è, con molta probabilità, la nazione che nel XIX secolo è riuscita a tramutarsi da realtà fondiaria a potenza talassocratica nel minor tempo possibile, dimostrando di non esitare ad affrontare l’elemento marittimo, ovvero una degli aspetti più rilevanti per lo sviluppo di potenza, in quanto dimensione su cui viaggia la quasi totalità del commercio internazionale di beni.
Nell’era Meiji (1868-1912) il Giappone ha dato prova della sua abilità di mutare velocemente, sfruttando la competizione fra potenze di taglia superiore alla sua per espandersi nel nord-est asiatico, facendo contemporaneamente leva sulla balcanizzazione della Cina e la debolezza dei colonizzatori europei nell’estremo oriente. Tōkyō riuscì a divenire paese leader dell’Asia addossandosi un progetto imperiale che mirava a costituire un nuovo ecumene asiatico all’insegna della lotta contro le potenze coloniali occidentali. Dunque, si trattava di una strategia che collideva con il suo irrimediabile carattere nazionale legato alla spiritualità Shintō, quindi fondamentalmente a-imperiale. Nonostante ciò, il Giappone ebbe discreto successo nell’ergersi quale esempio da seguire e come liberatore dai colonizzatori non asiatici. La fase ascendente finì quando fu forzato a dichiarare guerra ad un impero, gli Stati Uniti, dalle capacità nettamente superiori.
Il Giappone oggi, tra rinnovate ambizioni e il tentativo di contrasto all’egemonia cinese
Al giorno d’oggi – nonostante possa sembrare assurdo a molti – il Paese che più di ogni altro spende le proprie risorse intellettuali nello studio della parabola storica giapponese è senza dubbio la Cina. Nella Repubblica Popolare, pubblicazioni quali “Strategia di Sicurezza Oceanica Giapponese: Evoluzione Storica e Influenza Attuale” o “Strategia del Giapponese Talassocratico e sue influenze sulla Cina” sono solo due degli innumerevoli esempi dell’interesse che gli studiosi cinesi dimostrano nel trarre importanti insegnamenti storici dal Giappone. Lo scopo è quello di ricavare linee guida essenziali a rafforzare la proiezione marittima cinese, senza commettere gli stessi errori che portarono alla dissoluzione dell’Impero del Grande Giappone.
Nonostante ciò, è lecito chiedersi perché in Cina venga data così tanta attenzione non solo agli studi storici, ma anche all’analisi del Giappone contemporaneo, tra cui spicca l’opera enciclopedica di 600 pagine del maggiore Cáo Xiǎoguāng, che passa in rassegna le attuali capacità militari navali di Tōkyō, arrivando fino ad elencare nel dettaglio le capienze di stoccaggio in armamenti e carburante delle basi della marina giapponese.
Tale interesse è direttamente collegato ai già citati profondi mutamenti che hanno caratterizzato il Giappone negli ultimi decenni, che hanno coinvolto soprattutto la burocrazia e le forze di sicurezza giapponesi. Dal primo dispiegamento di forze all’estero nella seconda guerra del golfo, alla fondazione ex-novo del Ministero della Difesa nel 2007, e al reindirizzamento delle forze militari dal contenimento sovietico a quello cinese, il Giappone ha e sta compiendo sforzi sovrumani per garantirsi forze coese e all’avanguardia.
Allo stesso tempo, al progressivo deterioramento dei rapporti di forza “materiali” a favore di Pechino e delle Coree, è corrisposto un proporzionale aumento delle ambizioni della classe dirigente nipponica. Quest’ultima si è spesa per riformulare i manuali scolastici per descrivere la sconfitta patita nella guerra del Pacifico come “incidente di percorso”, inciampo che non può fermare l’aspirazione giapponese a ritornare ad essere Paese guida dell’Asia. Tale percezione si sostanzia nella visione globale che l’amministrazione Abe ha dato prova di avere, identificando nello spazio che va dall’unica base militare all’estero giapponese di Gibuti alle contese isole Curili meridionali lo spazio di interesse per la ‘difesa nazionale’. Inoltre, le burocrazie Giapponesi si sono spese per ottenere più margini di manovra da Washington, potenziando i propri legai con India e Australia, divenendo perno di un nuovo trattato commerciale pacifico, il CP-TPP, e confermandosi quale unica soluzione per i paesi dell’ASEAN al dilemma Stati Uniti-Cina.
Al nuovo governo di Suga Yoshihide, composto per la sua quasi totalità da fedelissimi dell’ex-premier Abe Shinzō, spetta il compito di continuare i progetti di riforme che mirano a ridare spessore internazionale al Giappone, dimostrando di non lasciarsi affossare dai suoi vincoli demografici e di non rimaner ancorato ad un approccio economicista verso le relazioni internazionali.
(Featured Image Credits: Japan Forward)
About the Author
Riccardo Negrini