L’Ora Più Buia Della Democrazia Americana: Analisi Di Un Dibattito Imbarazzante

Un dibattito all’insegna del caos e dell’interruzione, nel quale il moderatore, il giornalista di Fox News Chris Wallace, sembra aver perso la capacità di adempiere al suo ruolo, probabilmente confuso dagli attacchi del presidente in carica e incapace di interrompere gli interlocutori al momento giusto. Questo è lo scenario che fa da sfondo al botta e risposta dei due candidati: uno scontro in cui Trump ha cercato di prevaricare costantemente l’avversario, mostrandosi più volte indispettito nei suoi confronti e cercando di metterlo in ridicolo per la maggior parte del tempo. Il presidente ha tirato più volte in ballo Hunter Biden, figlio dell’avversario coinvolto in un recente scandalo finanziario e ha cercato di dirottare la discussione su questioni private; molti infatti, nei giorni passati, avevano previsto che il presidente avrebbe cercato di mettere in difficoltà l’avversario su questo punto. Invece Biden non ha voluto esporsi e, rivolgendosi agli americani, ha detto “non voglio parlare della mia famiglia e della tua famiglia ma delle vostre”, riportando di nuovo la discussione su argomenti più concreti.  

Si tratta di un dibattito che sicuramente verrà ricordato a lungo, ma certamente non a causa di aspetti positivi: dalla MSNBC a Fox News, passando per la CNN, tutti i commentatori hanno reagito in maniera assolutamente negativa alla serata, che è stata più volte definita come imbarazzante e un’onta per la democrazia degli Stati Uniti. La definizione più calzante, probabilmente, è quella dell’anchorman della CNN Jake Tapper, che ha parlato di “a hot mess inside a dumpster fire inside a train wreck”.  

Al di là degli attacchi personali, gli argomenti affrontati sono stati moltissimi. Partiamo dall’inizio.

Corte Suprema e riforma sanitaria

Wallace apre il dibattito chiedendo ai candidati quale sia motivo per cui entrambi credono di aver diritto a nominare il successore di Ruth Bader Ginsburg. Trump va subito all’attacco affermando che la scelta e la nomina dei giudici della Corte Suprema sia un diritto spettante a chi vince le elezioni; Biden replica e sostiene che eleggere un nuovo giudice prima del voto non sia opportuno, tanto meno se l’intento celato è quello di eliminare la riforma sanitaria, mettendo così a rischio la vita di milioni di persone. Di Ruth Ginsburg, che aveva espresso come ultimo desiderio quello di non venire sostituita fino al rinnovo della carica presidenziale, non parla nessuno dei due.

Quando Wallace cerca di soffermarsi sulla riforma dell’Affordable Care Act, portando avanti la discussione, le voci dei due candidati iniziano a confondersi: sulla riforma sanitaria Trump scatta sull’attenti e si difende ma non riesce a fornire una risposta concreta né un piano alternativo all’attuale sistema adottato dall’amministrazione Obama. Non dà neppure il tempo di replicare a Biden, che rimane comunque calmo e, quando finalmente riesce ad intervenire, accusa Trump di non avere un piano alternativo all’Obamacare. La prima parte del dibattito procede per punti sconnessi e si conclude con un nulla di fatto.

Coronavirus e le mascherine sanitarie

Parla per primo Biden, dando i numeri della pandemia: 200.000 morti, più di 7 milioni di infettati e ancora, 40.000 contagi al giorno. Conclude con una forte presa di posizione: “I numeri sono questi perché sei quello che sei”, evidenziando ancora una volta l’inadeguatezza delle misure adottate dalla presidenza Trump. Trump dà la colpa alla Cina, alle fake news, alla stampa e per chiudere rimprovera Biden per le decisioni da lui adottate per contrastare l’influenza suina; il confronto tra le due emergenze sanitarie non regge ma per Trump sembra trattarsi di un gioco in cui a vincere può essere solo il meno-peggio.

Quando si tocca il tema dell’utilizzo delle mascherine sanitarie per la prima volta nel dibattito non sa che direzione prendere; cita Fauci, poi lo critica, dice che è stato irresponsabile nella gestione delle norme sul distanziamento sociale e l’uso delle mascherine.

Biden, dal canto suo, riesce a sottolineare solamente quanto siano state infelici ed inefficaci le misure prese dal presidente per contrastare la pandemia. Lo critica per aver peccato di saccenteria, quando ha pubblicamente sostenuto che il virus sarebbe scomparso entro pochi mesi ma soprattutto per aver creduto di poter fermare il virus con iniezioni di disinfettante. L’accusa non frena però l’aggressività di Trump che preferisce offendere il rivale, dubitando della sua intelligenza. Una considerazione che poco si lega al tema della crisi da coronavirus ma che permette a Trump di disorientare l’ascoltatore e uscire da vincitore in questa fase.

Delle mascherine discutono di nuovo a metà dibattito, quando Wallace chiede conto a Trump della scelta di svolgere comizi (soprattutto quello tenutosi a Tulsa), nonostante l’alto rischio di contagio. Con un gesto plateale il presidente tira fuori la sua mascherina, mostrandola alla platea e rivolgendosi a Wallace dice “ho qui la mia mascherina, la indosso quando credo di averne bisogno” e, rivolgendosi a Biden con un gioco di parole, aggiunge “ogni volta che lo vedete, lui porta sempre una maschera”.

La risposta dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti in questo caso, seppur coerente, è inefficace e priva di mordente; si sofferma sul fatto che se tutti avessero utilizzato correttamente la mascherina, si sarebbero potute salvare almeno 100.000 vite. Dimentica di soffermarsi sul comizio di Trump a Tulsa, città dove i contagi sono poi aumentati drasticamente, rendendola una delle contee con il più elevato numero di contagi rispetto alla popolazione.

Economia

Il terzo segmento è dedicato all’economia. Wallace cerca di carpire il significato pratico delle due visioni abbracciate dai candidati, l’uno ritiene che l’economia americana seguirà la cosiddetta “V curve”, che rappresenterebbe un andamento positivo dopo il tracollo economico verso il quale gli Stati Uniti si starebbero avviando; l’altro guarda preoccupato all’andamento della pandemia e al livello di disoccupazione, fermo ancora all’8,4%. I punti di vista dei candidati sono agli antipodi, con Trump determinato a far ripartire l’economia a tutti i costi e Biden restio all’apertura ma volenteroso di mettere in piedi una riforma intera dell’economia, che parta dal sistema tributario. Ne approfitta e si rivolge al presidente: “è vero che hai pagato solo 750 dollari di tasse?” gli chiede riferendosi alla recente inchiesta del New York Times in cui viene accusato di non aver pagato imposte sul reddito per diversi anni precedentemente al suo mandato (ne abbiamo parlato qui). Il presidente in carica non ha dati a cui aggrapparsi e, leggermente in affanno, si rifà a ipotetici milioni che invece avrebbe pagato in tasse federali ma, quando Biden gli chiede di mostrare una valida dichiarazione dei redditi, sostiene che i documenti non sono ancora pronti. La risposta non regge, Wallace insiste ma Trump si nasconde dietro il suo precedente ruolo di businessman e assicura di aver rispettato la legge utilizzando il sistema di sgravi fiscali precedentemente concessi dalla presidenza Obama al mondo dell’edilizia.

In questa fase il dibattito è frastagliato, si passa dalle tasse all’industria manifatturiera, arrivando allo scontro su chi tra Trump e Obama avrebbe creato più posti di lavoro, menzionando traguardi raggiunti dall’uno o dall’altro ma senza fornire un’idea concreta sul piano di ripresa economica.

Black Lives Matter

Siamo all’argomento più scottante, quello che maggiormente divide l’elettorato americano. “Perché gli elettori dovrebbero votare per l’uno o per l’altro in relazione alle recenti questioni razziali?”, chiede ai candidati Wallace, dando a ciascuno il tempo di presentare le proprie posizioni. Biden è fermo sul punto, ritiene che i democratici non abbiano mai voltato le spalle ai cittadini americani e accusa Trump di aver al contrario alimentato le violenze, soprattutto dopo la sua decisione di schierare i militari fuori dalla Casa Bianca per fermare la folla che manifestava pacificamente.

Trump è altrettanto certo delle sue posizioni, afferma di avere il supporto dei militari, della polizia e degli stessi afroamericani, che sarebbero stufi di anni di malgoverno da parte dei governatori democratici. Incolpa Biden di non essere mai stato in grado di menzionare nei suoi comizi i corpi di polizia per paura di perdere l’elettorato della sinistra radicale; dall’altro lato c’è lui, difensore della legge e dell’ordine.

Quest’ultimo, di rimando, ci tiene a prendere le difese della polizia, sostiene che “c’è tanta brava gente, molti di loro non sono felici per quanto accaduto a Breonna Taylor” ma, continua, “è necessario cambiare il sistema perché la violenza non è mai appropriata”.

Alla richiesta di condanna dei suprematisti radicali e dei gruppi radicali di destra da parte di Wallace, Trump tentenna, non prende una posizione esplicita di condanna. Addirittura, si rivolge al gruppo neonazista dei Proud Boys, dicendo loro di restare calmi e che comunque ci sarà qualcuno (riferendosi a sé stesso) che dovrà pur fermare la sinistra estrema. Ai Proud Boys è piaciuta così tanto la frase di Trump che hanno deciso di inserirla sul loro logo Telegram. Siamo probabilmente al momento più sconcertante del dibattito.

La controversa photo op. di Trump, scattata dopo che le forze dell’ordine avevano allontanato gruppi di manifestanti

Cambiamento climatico

Sul cambiamento climatico Trump è consapevole di essere in svantaggio, considerato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, voluto proprio dal presidente nel 2019. Criticato sin dall’inizio del suo mandato per le scelte compiute in direzione contraria rispetto a una conversione verde del paese, cerca di aggrapparsi a obiettivi vaghi, come acqua e aria pulite e la campagna Billion Tree Project volta a piantare un miliardo di alberi sul territorio. Si sofferma sul problema dei roghi in California e sulla necessità di una buona gestione delle foreste sul territorio nazionale e conclude sulle possibilità fornite dalla mobilità elettrica, per la quale ha già dato sgravi fiscali per l’acquisto di auto elettriche. Quando Wallace gli chiede per quale motivo la sua amministrazione avesse deciso di ritirare il Clean Power Plan di Obama, che limitava le emissioni di carbonio e le centrali elettriche, Trump si appella all’insostenibile aumento dei prezzi nel settore energetico ma non prospetta alcuna soluzione alternativa.

Biden viene interpellato in relazione al suo programma elettorale, in cui propone di porre fine all’uso di combustibili fossili entro il 2035 e azzerare l’emissione di gas serra entro il 2050. L’ex vicepresidente spiega che il suo obiettivo, quello di rinunciare definitivamente ai combustibili fossili, passerà dal divieto di costruzione di centrali a carbone e dall’istallazione di mezzo milione di stazioni di ricarica per i veicoli elettrici su tutto il territorio nazionale.

Le domande successive riguardano prevalentemente il Green New Deal, sul quale i democratici stessi sono stati a lungo divisi. Wallace fa a mala pena in tempo a porre la domanda al suo interlocutore che il dibattito diventa ingestibile e si perde il filo della discussione, fino ad arrivare ad un punto di svolta quando Trump, semplicisticamente, colpevolizza Cina, Russia e India di inquinare il mondo con la “loro sporcizia” e si chiede perché gli Stati Uniti dovrebbero adottare un piano da centinaia di miliardi di dollari, come il Green New Deal.

Biden è costretto ad affermare pubblicamente di non sostenere il Green New Deal voluto dalla deputata della corrente radical, Alexandria Ocasio-Cortez e sostenuto anche dall’ex rivale democratico Bernie Sanders. Presumibilmente questa dichiarazione costerà caro al candidato in corsa, considerando che la Ocasio-Cortez ha predisposto da mesi una commissione che ha duramente lavorato all’individuazione di un piano che mettesse d’accordo democratici moderati e radicali. Per di più, sul sito Joebiden.com, l’ex Vicepresidente ha tessuto le lodi del Green New Deal, definendolo un framework cruciale per affrontare l’emergenza climatica. 

In questo passaggio, Biden tesse le lodi del Green New Deal

Integrità elettorale

La domanda conclusiva preannuncia un finale tossico. Wallace interroga i candidati sulle loro aspettative rispetto allo svolgimento delle elezioni e chiede loro delle future mosse che intendono adottare nelle prossime settimane. Biden è il primo a parlare, sprona i cittadini ad andare a votare e ad informarsi correttamente, mostrando la propria solidarietà nei confronti di chi voterà per corrispondenza a causa del COVID; sostiene non vi sia alcun rischio che le schede elettorali possano essere manipolate. Viceversa, Trump teme che le elezioni non saranno eque e che il rischio di manipolazione sia elevato ma non dispone di dati validi cui rifarsi. Parla di milioni, poi migliaia di schede inviate in tutto il paese che rischiano di essere manipolate, sostiene ci siano già stati brogli e allude ad alcune schede elettorali che sarebbero state trovate tre giorni fa da un gruppo di militari in un cestino ma non dice nulla su dove questo starebbe accadendo. Insomma, ancora una volta cerca di confondere le acque.

Per alcuni si è trattato del peggior dibattito della storia degli Stati Uniti, per altri è solamente il riflesso delle divisioni interne che da mesi caratterizzano il paese, lacerato dalle proteste e devastato dalla crisi sanitaria. Di un vincitore nemmeno l’ombra e, a parità di posizioni, si può solo riconoscere a Biden di aver mostrato un atteggiamento più tollerante nei confronti dell’avversario, giudicato troppo aggressivo persino dal suo storico collaboratore Chris Christie. Nei primi sondaggi del post dibattito Biden è dato in vantaggio e, secondo CNN, sei telespettatori su dieci credono che quest’ultimo abbia in sostanza vinto il dibattito. È bene però tenere a mente che un esisto simile venne raggiunto anche nel 2016, quando la candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton era data in vantaggio del 62% rispetto all’attuale presidente.

Di tutto resta una certezza: il dibattito contribuisce a gettare discredito sulla cultura politica americana, ormai alla mercé dei giornali e delle televisioni internazionali per quanto accaduto nei mesi passati. Ne esce sconfitta la più antica democrazia esistente, sgretolata e demolita in poche battute e qualche insulto.

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Valeria Torta

Classe 1998, Valeria Torta è studentessa del corso di laurea magistrale in Governo, Amministrazione e Politica presso la Luiss Guido Carli. Da aprile 2019 è membro di L’asSociata, associazione giovanile che ha come obiettivo quello di mettere a contatto tutte le realtà associative giovanili per discutere e identificare soluzioni utili per le problematiche di Roma. Nel ruolo di responsabile dell’area sostenibilità ambientale, ha coordinato il progetto Mens Sana, un’iniziativa volta a sensibilizzare gli studenti universitari al tema della sostenibilità alimentare. A luglio 2019 svolge un tirocinio presso Fondazione Ecosistemi, dove ha modo di approfondire quali sono le soluzioni e le strategie adottate nell’ambito del Green Public Procurement (GPP). A ottobre 2019 co-fonda NeoS, acronimo di NeoSustainability. A settembre ha preso parte al programma Erasmus presso la Maastricht University. View more articles

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